mercoledì 8 luglio 2015

Sulla strada del lavoro, ogni mattina

Un vagone fresco e poco affollato della metropolitana mi permette di dimenticarmi che sto andando al lavoro e d'immergermi per 15 minuti nelle pagine odorose di qualche nuovo romanzo.
Scale mobili, gente linda con la 24 ore che si reca in ufficio, la luce ancora tenue di un'alba pigra del nord Italia. 

Il duomo colpito trasversalmente dai raggi del sole, un'aria rarefatta, i piccioni incomprensibilmente educati. Attraverso la galleria dal marmo lucido e osservo le reazioni sbalordite degli orientali davanti a tanta poesia. Sollevo il capo anch'io, sentendomi quasi in colpa per non rimirare queste bellezze ogni mattina. Archi, intarsi, affreschi sono baciati dalla luce che trafigge la cupola di vetro. I tavolini dei lussuosi caffè non sono ancora pieni. Tazzine fumanti e tintinnio di cucchiaini.

Prendo la stradina meno battuta che mi conduce verso la casa natale del sommo scrittore, passando prima per la piazzetta con la statua che lo raffigura, eretta proprio nel punto esatto dove, inciampando, si procurò una frattura che lo portò alla morte.


E proprio lì, quando in lontananza intravedo il sacro tempio della lirica, ci sono loro. Ogni mattina, sempre nello stesso punto, sempre nelle stesse posizioni.
Un ragazzo nero, venditore ambulante di libri, e una ragazza italiana bassina con gli occhiali e lunghi capelli scuri, che regge una borsa. Lei si sta dirigendo in ufficio, almeno questa è la storia che mi sono costruito. Certo non sono sposi promessi, ma fra di loro c'è quel leggero ma visibile imbarazzo dei primi incontri. Lui non stacca mai i libri sull'Africa dal petto, lei col braccio teso sorregge la sua borsa. Parlano. Si fanno domande. Alternano silenzi.

Passo sempre in mezzo a loro, egoisticamente, per cercare di carpire informazioni necessarie alla mia storia. Ho bisogno di sapere. Educatamente s'interrompono quando passo e arretrano rispettivamente di qualche centimetro. Non lasciano trapelare niente e io sono costretto a passare oltre e tirare dritto. Mi volto, li riguardo da lontano, avvolti nella luce del mattino. 

Che la mano del poeta non abbia architettato una storia anche per loro?


Nessun commento:

Posta un commento