martedì 1 luglio 2014

Forse è arrivato il giorno della Calabria?

Cinquant'anni fa Leonida Rèpaci scriveva un brano destinato a diventare il manifesto di una Calabria meravigliosa ma abbandonata a se stessa. Oggi la situazione non è affatto diversa dal 1964, quando uscì Calabria grande e amara. Gli scritti di molti calabresi del tempo sono pieni di bellezza, ma spesso intrisi di rassegnazione e retorica. Oggi di scrittori calabresi ne esistono ben pochi e la Calabria è spesso vista solo come la terra mitica in cui si è nati e che si è scelto di abbandonare. Non senza sdegno e frustrazione. Non senza rabbia e dolore.

Io sono uno di quelli che se n'è andato. Dal '64 sotto i ponti è passata l'acqua della corruzione politica, della mala sanità, della cattiva gestione della cosa pubblica. Dei malanni che secondo Rèpaci il Diavolo aveva assegnato alla Calabria "le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, il feudalesimo, le fiumare, la peronospera, la siccità, la mosca olearia, l'analfabetismo", forse ormai sono un ricordo lontano. Ma a vedere elencati "il punto d'onore, la gelosia, l'Onorata Società, la vendetta, l'omertà, la falsa testimonianza, la miseria, l'emigrazione", un brivido mi corre lungo la schiena pensando che quasi nulla è cambiato nel tempo.

L'immobilismo, la mancanza di idee, la rassegnazione, l'emigrazione, l'ignoranza, sono questi i grandi mali che più mi preoccupano, e da cui derivano tutti gli altri. La conclusione a cui arrivava Rèpaci è che la felicità della Calabria sarebbe arrivata. Con più fatica, ma sarebbe arrivata. Ma non si può vivere di speranza e di retorica. Il male principale, che secondo La Cava abbiamo ereditato dai nostri antenati magno-greci, è l'attitudine al lamento, a dare la colpa agli altri e ai fatti ineluttabili della vita. Per fortuna c'è stata gente che ha preferito impiegare il tempo in cui gli altri si piangevano addosso per costruire e investire sul territorio.

Per questo quando ho sentito il nome di Florindo Rubbettino, editore del mio paese natale di cui vado orgoglioso, e di altri intraprendenti ragazzi calabresi come Daniele Rossi, comproprietario Caffe Guglielmo, e Nuccio Caffo, CEO di Gruppo Caffo (sono da 5 anni a Milano ma bevo esclusivamente il caffè che fa centro e l'amaro che va servito ghiacciato!), come i possibili candidati per la guida della regione ho pensato che forse qualcosa stia davvero muovendosi. Seppur la recente storia italiana non ci ha dato grandi esempi di imprenditori al potere, voglio per una volta pensare che questa potrebbe essere la scelta giusta. Loro fanno parte di una generazione che ha visto sgretolarsi le ideologie politiche; io queste le ho ereditate già sgretolate. Quindi ora più che mai ha senso slegarsi da logiche partitiche e abbracciare un modus operandi che è politico nel senso etimologico del termine. Conosco personalmente solo Florindo, ma voglio estendere anche agli altri l'idea d'integrità professionale che ho di lui. Proprio per questo motivo ammetto di essere terrorizzato dall'ipotesi che la loro genuinità possa essere fagocitata dalla macchina infernale delle politiche calabresi. Ma credo bisogna correre il rischio, ora più che mai.

So che è facile parlare stando fuori, ma è anche vero che da fuori si vedono cose diverse, cose che chi è rimasto non riesce a vedere. Per esempio che la Calabria è una delle poche regioni del Sud che non ha investito degnamente sul turismo (pensiamo solo a quello che ha fatto la Puglia da meno di 10 anni con "l'invenzione" del Salento), che non ha appuntamenti culturali e artistici di richiamo nazionale, che non investe (se non con rarissime eccezioni) nelle idee d'imprenditori under 30, che abbandona a se stessi i siti archeologici e gli incantevoli borghi di cui è cosparsa, che continua a vedere gente uccisa per strada e giovani che hanno come unico impegno quello di bere e poltrire davanti ai bar. Forse è arrivata l'ora di una scossa. Di politiche serie che abbiano al centro il benessere del calabrese e un'attenzione prioritaria verso la cultura. Tutto il resto verrà da sè. Aspettiamo con impazienza se ci sarà finalmente un motivo per tornare a sperare, o per abbattersi definitivamente.


2 commenti:

  1. Bel post! Il problema è la scossa che tarda sempre ad arrivare. Si dovrebbe imparare dai maghi del marketing salentini. Giuseppe

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  2. Grazie Giuseppe! Con le bellezze che abbiamo non avremmo bisogno d'inventarci granché, ma, ahimé, in Calabria è tutto inesorabilmente fermo, destinato a diventare fermamente inesorabile.

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