lunedì 19 febbraio 2018

Tempo al tempo (libero)

Con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione oggi, fare troppi straordinari al lavoro è insensato. E vantarsi di lavorare troppo sciocco e dannoso. Riappropriamoci piuttosto dell’otium dei nostri avi e impariamo a sfruttarlo per mettere a frutto la creatività

Adam Driver in Paterson (2016) di Jim Jarmush fa l'autista di autobus e scrive poesie nel tempo libero
Capita spesso di scorgere su Instagram le storie di alcuni contatti che si riprendono alle 7 e mezza di sera in uffici deserti, o leggere status su Facebook di gente che si vanta di aver lavorato per dodici ore di fila. Lamentarsi del lavoro sembra essere diventato una medaglia da esibire con malcelato orgoglio, rispondere alle mail in metro al mattino o continuare riunioni interrotte al telefono in treno una prerogativa. In Germania, qualche mese fa, cinque consiglieri economici del governo hanno proposto l’abolizione della giornata lavorativa di otto ore. Che detta così sembra una cosa buona, visto che viene da pensare all’esperimento di alcune aziende svedesi passate da otto a sei ore lavorative. Qui invece il limite delle otto ore di lavoro giornaliere, stabilito per legge, viene definito “obsoleto” perché nell’era digitale “le aziende hanno bisogno della certezza che non infrangono la legge se un impiegato partecipa di sera a una conferenza telefonica e se a colazione legge le mail”. Ecco detta così la proposta tedesca risulta molto meno romantica e porta con sé due mostruose conseguenze: in primis va ad abolire il concetto stesso di orario lavorativo, scardinando un fondamento intorno a cui le società moderne da più di un secolo si sono organizzate, e ancora più grave, suggerisce l’idea che il dipendente baratti col proprio datore di lavoro non più (o non solo) le sue competenze quanto il suo tempo.

La rivoluzione digitale sta spingendo verso una sempre più frequente sovrapposizione tra vita privata e lavoro, condizione che spiana la strada a quel disturbo ossessivo-compulsivo che prende il nome di workaholism (codificato già nel 1971 dallo psicologo statunitense Wayne Edward Oates come patologia). Dare tutta la colpa al digitale non sarebbe giusto, seppur attualmente è il settore che più si presta a questa degenerazione. Ma il punto della faccenda sta nel tipo di valenza che viene dato al lavoro e di conseguenza a ciò che lavoro non è, il tempo libero.

domenica 11 febbraio 2018

Tutto quello che vi siete persi - Finale | Sanremo 2018

A conti fatti più di dodicimila persone hanno letto le mie cronache di questo Festival di Sanremo edizione milleovecento.., 2018 e davvero non mi capacito del vostro supporto. Certo è che se un Festival pieno di gag imbarazzanti e che ha incoronato il compitino di seconda media del MetaMorogorgone ha fatto milioni di telespettatori, ho poco da stupirmi. E poi si sa che nel nostro Paese i furbetti se la cavano sempre, anche se si sono fatti riempire gli zigomi a 42 anni. L'Italia vuole questo, l'Italia vuole le mie cronache.
Dopo questo momento di vanagloria andiamo a fare un po' un bilancio di questa 68° edizione del Festivàl della canzone italiana. Tante canzoni, tanta musica, tanti duetti, che se lo avessero chiamato Baglioni&Friends nessuno si sarebbe stranito. Lui resta uno stoccafisso a livello di presenza scenica, di quelli che secondo me sono scoordinati pure quando fanno le mosse della macarena. Il suo habitat è dietro al pianoforte, le battute proprio non gli escono. Baglioni è una di quelle persone che inizia a raccontare una barzelletta e poi si scorda il finale. Però, ripeto, ha fatto i numeri migliori di tutte le passate 15 edizioni quindi che jè voi dì. Ce lo chiede l'Europa.


Michelle Hunziker sin dalla prima sera si ostina a dire Eurovisiòn Song Contèst (wè wè!), ma senza ombra di dubbio si è portata a casa il Festivàl. Favino è partito in sordina ma, sera dopo sera, è stata la vera rivelazione di quest'anno. Canta, balla, recita, è spontaneo e ha fatto l'autista di Tom Hanks. Che volete di più? Ieri sera poi col monologo sui migranti ha dato il meglio di sè.

venerdì 9 febbraio 2018

Tutte le donne di Michelle - Terza serata | Sanremo 2018

Visionare ogni mattina i dati che testimoniano quanti di voi hanno letto queste mie cronache sanremesi mi inorgoglisce, non lo nego. Anche il post relativo alla seconda serata del Festival di Sanremo ha riscosso un notevole successo (oltre i 2600 lettori , per gli appassionati di numeri).

Ma i numeri li hanno dati anche sul palco dell'Ariston ieri sera. Faccio mea culpa sul fatto che ieri sera ho guardato il festival in maniera molto precaria complice l'arrivo del Pater in città, impegnato a tenere me e i miei fratelli debitamente nutriti secondo i suoi canoni di alimentazione.

L'unico momento in cui ho avuto piena autonomia sul volume del televisore, con i valori nel sangue sballati per l'abbondanza della cena appena consumata, ci ho messo un attimo a capire cosa stesse succedendo.

Scorgo Michelle Hunziker cantando I maschi e poi Bello impossibile di Gianna Nannini vestita interamente di rosa. E già lì dovevo presagire il peggio.


A un certo punto la camera inquadra una vrenzola in prima fila che accusa la bionda coconduttrice di aver scelto una canzone che parla di maschi, nonostante lei sia una delle poche donne su quel palco. E qui mi sono detto anvedi com'è sveglia la signora, si è resa conto che in mezzo a venti big in gara ci sono solo quattro donne, che a parte la mitica Andrea Mirò, in passato, non si sono mai viste direttrici d'orchestra e che i vari direttori artistici e presentatori da sempre sono quasi sempre solo uomini

giovedì 8 febbraio 2018

Lui è tornato - Seconda serata | Sanremo 2018

I dati di ascolto del giorno dopo sono molto lusinghieri: più di 3000 (tremila/00) persone hanno letto il mio post sulla prima serata del Festival di Sanremo 2018. Quindi che altro dirvi se non: "avete fatto bene!"?

Ecco, io il mio impegno ce lo sto mettendo tutto, ma invece pare che quelli che dovrebbero reggere le redini della kermesse lo facciano controvoglia. Pater Claudio è sempre lì diviso tra l'assolverci dai nostri peccati e il dirigere il via vai di gente come un vigile urbano. Ed è ormai nota la voglia di lavorare che c'hanno i vigili di Sanremo. Michelle e Pierfrancesco tutto sommato fanno il loro e quando si mettono a ballare o a cantare sono pure piacevoli. Il problema è che dietro le gag si nasconde uno stuolo di autori che andrebbe condotto davanti alla Corte Marziale. Non ci si può davvero aspettare che il pubblico rida davanti a una che canta e perde una scarpa.
Rosa Trio di certo avrebbe stilato una scaletta più esilarante.

"Regà, troppa caciara su sto palcoscenico. Dobbiamo pensare alle canzoni"

mercoledì 7 febbraio 2018

Contestatori, vecchie danzanti e follower su Instagram - Prima serata | Sanremo 2018

Signore, signori e indecisi: anche quest'anno giunge a noi il Festivàl della Canzone italiana, la 68° edizione del Festival di Sanremo, come una boccata d'aria fresca prima delle ultime settimane di campagna elettorale. Sanremo è quella cosa che arriva inesorabilmente tutti gli anni, come il Natale, un tweet razzista di Salvini o una'immagine photoshoppata di Giorgia Meloni.

Anche in questa edizione saremo costretti a sorbirci il tormentone di Mina sponzorizzata dalla Tim (kasta!1!). Preceduto da un Prima Festival insignificante, da grafichette e stacchetti anni '90 e da una sigla degna di una qualunque trasmissione di Radio Maria, parte la kermesse diretta e presentata da Claudio Baglioni.

E infatti entra Fiorello. Meglio, il primo a essere inquadrato è un contestatore salito tranquillamente sul palco, col suo piumino, a chiedere candidamente di poter parlare col procuratore della Repubblica. Fiorello lo tratta forse con eccessiva leggerezza, ma si fa perdonare subito con un doveroso omaggio all'unico e vero salvatore di contestatori e aspiranti suicidi: Pippo Baudo. Che ricordiamolo, nel tempo impiegato da Fiorello a sedare gli animi, avrebbe già trovato una soluzione a tutti i problemi del signore col piumino.



Il confronto con l'originale è impietoso.


Ma torniamo alla serata.
Fiorello si dimostra il mattatore di sempre, non risparmiandosi sui partiti e sulla dirigenza Rai, facendo calare il gelo su Erdogan e le sue purghe contro i giornalisti. Comunque farlo apparire prima di Baglioni è un po' come sparare sulla Croce Rossa perché infatti il resto della serata è stato divertente come una veglia funebre.

martedì 3 ottobre 2017

I parenti 'mericani

Ieri era la festa dei nonni e ho chiamato la mia per farle gli auguri. Ogni anno, da quando è stata istituita questa ricorrenza, fa finta di meravigliarsi che ci ricordiamo di chiamarla. Si finge sorpresa, ma io so che le fa piacere sentirsi festeggiata. Dice che ai suoi tempi il 2 ottobre si festeggiavano gli angeli custodi, non i nonni, ed è evidente che gongola per questa sottile allegoria.

Mi ha raccontato che in casa ha come ospite una nipote 'mericana dell'Australia. Tutti i parenti emigrati all'estero per mia nonna sono 'mericani. In questo caso si tratta della figlia di sua sorella che praticamente non vede da quando è partita per la terra dei canguri, mezzo secolo fa. Lei non la trova una cosa troppo anomala, io non riesco a capacitarmi del fatto che fratelli e sorelle si separino con la certezza di non rivedersi mai più.


venerdì 8 settembre 2017

Padroni e paghette

Stanotte ho fatto un sogno strano. 

Ero in una sorta di ritrovo di giovani comunisti - tra circolo Arci e centro sociale - e questi facevano i gradassi usando parole come lotta di classe, rivoluzione, meritocrazia, padroni. 
Si sprecavano le sigarette, le canne e gli orecchini al naso. 
Piccato, li ho interpellati uno a uno chiedendo che lavoro facessero e come si mantenessero. 
Uno a uno: e tu? e tu?

Esce che uno fa la triennale, a 29 anni. 
Un altro studia cinema e io genitori gli passano un fisso mensile. 
Una è appena tornata da Londra dove ha passato un anno da una famiglia amica dei suoi, medici e Lions. 

Poi mi sono svegliato e sorriso per quanto so essere bacchettone pure nei sogni.

ALERT: tra una rivoluzione e un'altra, non scordiamoci che in Italia è tornato il fascismo, vivo e vegeto, e ci ha sorpresi occupati a indignarci per la pubblicità dei Buondì Motta. Magari evitiamo di fare come l'ultima volta, che lo sappiamo com'è andata a finire.