domenica 12 giugno 2016

Io non credo

Cresce in maniera esponenziale il numero dei “Nones”, coloro che non afferiscono né si riconoscono in alcuna religione. E in Italia l’UAAR, Unione degli atei e agnostici razionalisti, rende noto che si è registrato un boom delle richieste di sbattezzo.

Campagna del 2009 ideata dall'associazione UAAR

Ci sono gli atei, gli agnostici, gli umanisti secolari, i laici, i razionalisti e quanti semplicemente non accettano alcuna etichetta. Per comodità possono essere raggruppati sotto la definizione di “Nones”, coloro i quali, cioè, non si riconoscono in alcuna religione né confidano in alcuna entità soprannaturale. Chi pensa che i Nones, altrimenti detti “non affiliati”, siano uno sparuto gruppo di neo hippie, di facinorosi comunisti o di sedicenti anarchici si sbaglia di grosso. Secondo lo studioThe future of world religions” condotto nell’aprile 2015 dal Pew Research Center, i Nones rappresentano il 16% della popolazione mondiale e costituiscono il più grande "gruppo religioso" in 6 macro-aree: Nord America, Canada, Argentina, Nord Europa, Russia, Australia, Sud Africa. 

Ma forse ancora più rilevante il dato che indica che i Nones siano il secondo “gruppo religioso” più grande nella metà delle nazioni del mondo (circa il 48%). Infatti mentre cristiani e musulmani rappresentano il gruppo religioso più diffuso in 9 nazioni su 10, i non affiliati godono del secondo posto in gran parte delle Americhe, dell’Europa e dell’Africa sub sahariana e, in generale, in tutti quei paesi che vedono il primato del Cristianesimo e dell’Islam.

E mentre questi aumentano esponenzialmente, perdono terreno le grandi religioni, specie in nazioni dove avevano da sempre mantenuto il primato. La stessa ricerca ci svela che la Francia avrà presto una popolazione a maggioranza non affiliata, così come l'Olanda e la Nuova Zelanda; in Regno Unito e in Australia il cristianesimo perderà a breve la sua predominanza. Non afferire ad alcun gruppo religioso ha effetti profondi su molti aspetti della vita, dal pensiero delle morte, alle scelte educative della prole, fino alle preferenze in cabina elettorale. 

E in Italia? Secondo l’indagine demoscopica condotta da Doxa per conto di UAAR (Unione degli atei e agnostici razionalisti) e relativa al 2014 “si definiscono credenti cattolici 3/4 degli italiani, a cui si aggiungono un 10% di credenti senza riferimenti religiosi e un 5% di credenti in altra religione. Il rimanente 10% si distribuisce in parti uguali tra i gruppi degli agnostici e degli atei (5% ciascuno). Un quarto degli italiani non è dunque cattolico, un quinto non è religioso, un decimo non è credente”.

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L’UAAR è l’unica associazione che in Italia rappresenta le ragioni dei cittadini atei e agnostici. È indipendente da partiti e organizzazioni e da anni difende i diritti civili dei Nones, si batte per l’effettiva affermazione della laicità dello Stato e promuove la valorizzazione sociale e culturale delle concezioni del mondo non religiose, contrastando il dilagare della presenza cattolica sulla stampa e sui media, in particolari quelli pubblici. Da tempo conduce inchieste e indagini sui costi della Chiesa, battaglie per un’alternativa valida all’ora di religione, proteste per l’abolizione dei simboli religiosi dagli edifici pubblici, organizza cerimonie laiche in alternativa ai funerali e ai matrimoni religiosi, appoggia le unioni tra le persone dello stesso sesso.

Articolo uscito sul n. 69 di Wu Magazine

In molti ricorderanno la campagna del 2009, ad alto impatto mediatico, quando in diverse città italiane scorrazzavano mezzi di trasporto pubblici con la scritta “la cattiva notizia è che dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno”, targata UAAR. Ma non tutti sanno che attraverso il sito dell’associazione è possibile scaricare un modulo da consegnare al parroco della parrocchia in cui si è stati battezzati, per richiedere lo sbattezzo. La portavoce Adele Orioli ha affermato che nel 2015 si era registrato un record senza precedenti nel numero di download dei moduli che hanno toccato quota 47.726, surclassando il record del 2012, quando furono in 45.797 a scaricare il modulo. Nei primi mesi del 2016 il dato è ancora superiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un aumento di circa il 40%: dall'inizio del 2016 ci sono stati infatti più di 25.000 download: “Il dato è solo indicativo, ma certamente è una cartina al tornasole per monitorare i cambiamenti in atto nella nostra società”. 

Nel suo libro Uscire dal gregge (Luca Sossella Editore, Bologna 2008) scritto con Raffaele Carcano, Orioli focalizza l’attenzione sulla “rivendicazione di un diritto, quello di non essere costretti a far parte di un’organizzazione senza il proprio consenso”; e lo fa attraverso un’analisi multidisciplinare di ampio respiro che illustra i meccanismi di entrata e uscita dalle religioni, attingendo da storia, sociologia, antropologia, diritto e teologia. 

Si registra una disaffezione soprattutto tra le giovani generazioni – sottolinea Orioli – il che è soprattutto indice di una presa di distanza da imposizioni che avvengono in un'età inconsapevole”. Lombardia, Lazio e Campania in testa, ma anche numerosi download dallo Stato Vaticano. La miscredenza fa tendenza?

[Articolo pubblicato nel numero #72 di ottobre della rivista WU magazine]

6 commenti:

  1. Apprezzo quello che fate... ma c'é qualcosa che mi impedisce di aderire ufficialmente. L'essere atei, cioé il non credere, e negare con forza, all'esistenza di un dio, somiglia moltissimo ad una professione... di fede. So che possono aderire anche gli agnostici, ma vendere libri, fare propaganda come un qualsiasi partito o religione mi scombussola un po'. Vi seguo con interesse.

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    1. Essere atei non significa necessariamente 'negare con forza', Carlo. Io sono ateo, per esempio, semplicemente perché non esiste una valida ragione per credere.

      Nessuna "professione di fede", quindi, anche se magari il prof di religione (pagato anche con i soldi delle mie tasse) la racconta in maniera diversa ;-)

      Quello che tu chiami 'fare propaganda', poi, si traduce in pratica nel favorire la diffusione di libri che spiegano le ragioni dell'ateismo e quelle per non offrire supporto alle religioni. IN uno stato come il nostro, nel quale la cultura dominante è ispirata alla religione, non mi sembra che sia una cosa sbagliata da fare :-)

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  2. Apprezzo quello che fate... ma c'é qualcosa che mi impedisce di aderire ufficialmente. L'essere atei, cioé il non credere, e negare con forza, all'esistenza di un dio, somiglia moltissimo ad una professione... di fede. So che possono aderire anche gli agnostici, ma vendere libri, fare propaganda come un qualsiasi partito o religione mi scombussola un po'. Vi seguo con interesse.

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  3. Vedi ti sfugge il concetto di base. Non credere non significa credere che Dio non c'è. E' l'esatto opposto, ossia significa avere ogni prova schiacciante e scientificamente certa della mancanza assoluta della necessità di dover creare dal nulla un qualsivoglia concetto trascendente, anche solo per dare alla vita un senso maggiore di quello che realmente e incontrovertibilmente ha. Significa non aver bisogno di religioni allucinogene e psicotrope per vedere cose che non esistono e che ti staccano dalla tua vita quel tanto che ti basta per affrontarla con un coraggio che molti non hanno. Significa prendere su di se' la responsabilità di ciò che si è, e non vivere nell'ineluttabilità di soggiacere a un volere superiore, benevolo, provvidente, o malevolo che sia. Non è un partito, non è un'idea da propagandare, è questa maledettissima realtà, da mostrare e opporre con forza a tutti coloro che non vogliono o fanno finta di non vederla.

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    1. Però volevo farti notare che l esatto opposto di "credere che Dio non c'è" è credere che Dio c'è

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  4. Premesso che mai nella mia vita mai mi è passato per la testa di adorare una qualsivoglia "divinità", trovo piuttosto singolare professarsi atei ed esserne orgogliosi. Il significato di questo aggettivo ( dal greco, senza dio) sta ad indicare una condizione anomala, una sorta di deficienza. E' un termine dispregiativo addottato nell'antichità , e anche oggi, magari inconsapevolmente, dai "credenti" per indicare un "diverso".

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