Un forte odore di trifoglio e rosmarino si spande sul limitare di una giornata rovente: è la fragranza che le stelle cadenti portano nella notte di San Lorenzo fino alle narici dei sette protagonisti dell’ultimo romanzo di Domenico Dara – Appunti di meccanica celeste (Nutrimenti), candidato allo Strega 2017 – intenti a esprimere desideri senza esserne troppo convinti.
Sette anime sperse nel comune reale e insieme immaginario di Girifalco, provincia di Catanzaro, noto solo per il suo manicomio. Lì viveva anche il postino di Breve trattato sulle coincidenze (esordio di Dara e finalista al Calvino 2013) che sbirciava tra le lettere di compaesani e, forte di una innata dote calligrafica, spesso ne modificava il destino. Conosciamo Lulù, il pazzo buono che “suona le foglie” nella perenne attesa della madre che lo porti via dal manicomio; Archidemu il filosofo stoico, turbato a vita dalla sparizione nel nulla di un fratellino e Venanzio, il sarto epicureo che creduto “ricchiuna” sfoga la sua abbondante ars amatoria con tutte le donne del paese, senza mai riuscire ad amarne una; poi ci sono Cuncettina “a sicca”, che vive la sua sterilità come una condanna sociale (acuita attraverso la lente di una non codificata depressione) e il piccolo Angelino “u biondu”, che invece il padre non l’ha mai conosciuto e, come Rosso Malpelo, si attira l’odio e gli scherni dei compaesani per una cioccia di capelli bianca; infine Malarosa, la cattiva, che spende le sue giornate tra le puntate di Beautiful e le maledizioni verso colei che le ha rubato l’unico pretendente della sua vita, Rorò “la venturata”, unico personaggio baciato dal fato che s’immolerà, inconsapevolmente, per la fortuna di qualcun’altra.
Sette personaggi in cerca di redenzione, da una vita che scorre in equilibrio inesorabile tra perdizione e morte (quasi fosse scritto nel loro destino di girifalchesi, paese delimitato da una parte dal manicomio e dall’altra dal cimitero). Affascinati da quella meccanica celeste che regge il mondo, la notte del 10 agosto decidono che tanto non hanno niente da perdere nell’esprimere l’ennesimo desiderio di salvezza. Il giorno dopo sbarca in città un inatteso e mastodontico circo, un evento paragonabile forse solo ai festeggiamenti dedicati alla Madonna Assunta e a San Rocco. Ai nostri sventurati le stelle hanno assegnato trapezisti, lanciatori di coltelli, domatori di leoni, equilibristi e contorsionisti, per svelargli che la vita concede a tutti una seconda opportunità.
L’ottavo protagonista del romanzo è senza dubbio il linguaggio, un impasto di costrutti dialettali, elucubrazioni filosofiche, racconti di saggezza popolare, postulati di meccanica e storie di emigrazione. Illustri precedenti possiamo rintracciarli nel miscuglio col veneto di Luigi Meneghello (che però aggiunse note esplicative) o nel siciliano di Stefano d’Arrigo (che litigò con il suo primo editor, Vittorini, a causa della “cretina pazzia” dell’aggiunta di un glossario). Niente appendici per gli Appunti: Dara fornisce al lettore (anche non dialettofono) tutti gli elementi necessari alla comprensione, a patto che questi abbia voglia di mettersi in gioco. Un po’ come c’è bisogno di fare nella vita.
[Una versione ridotta di questo articolo è uscita sul n.23 (9-15 giugno 2017) del settimanale pagina99]
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