giovedì 22 novembre 2012

La vita è più cruda della morte? - IMITATIONOFDEATH ricci/forte

Se credete che la vostra vita sia perfetta, soddisfacente, felice;
se credete nell'amore, nella famiglia perfetta, nella serenità di coppia;
se considerate il sesso un dovere;
se pensate che le vostre illusioni siano infrangibili,
ecco, IMITATIONOFDEATH  distruggerà tutto questo in poco più di un'ora.
Lo spettacolo presentato al Romaeuropa Festival ha esordito nei giorni tra il 13 e il 18 novembre al Piccolo Teatro Studio di Milano, destabilizzando la consueta platea del teatro meneghino.
Una cupezza nell'aria, la sensazione che da un momento all'altro potesse scoppiare una bomba. Degli zombie sui tacchi tornano in vita. Quasi una nascita al contrario, per scoprire che forse la morte è più dolce della vita. A volte. 
Una vita in cui ci si affanna a rincorrere aspirazioni e sentimenti, sospiri che diventano pesanti e sempre più insopportabili. Corpi che cercano una quiete che non trovano, che anelano a una stabilità, illudendosi di poterla raggiungere. Sforzi sovrumani e corse sfrenate per raggiungere un paradiso in terra, un paradiso che non esiste. Semplicemente perché non c'è un paradiso in terra, figuriamoci altrove.  
Nello spettacolo spesso si muore e si risorge, come nella vita; ci si trova nudi su un palco ad afferrare certezze e spasimi di piacere effimeri, come nella vita. Ci si ferisce, in fronte e nell'anima: il contatto con gli altri animali umani a volte è disastroso e violento. 
E la violenza sul palco non manca, la crudezza raccapricciante dei rapporti coi propri simili, che come belve si accoppiano, si sputano, s'insultano, si pestano, si odiano, si amano, si lasciano, si uccidono. E tutto questo diventa pianto, disperazione, grido.
In un mondo fatto di Oscar e stereotipi mediatici, l'animale umano compie la sua resurrezione dalla morte alla vita, e poi di nuovo dalla vita alla morte; e poi ancora e ancora, in un turbinio catastrofico di sensazioni contrastanti. La vita è breve, ma egli vuole provare tutto, vuole tutto, ma non riesce a possedere niente: né uomini, né donne, né uomini e donne contemporaneamente, né figli, né genitori, né beni materiali. A fine spettacolo proprio le ossessioni di ognuno dei protagonisti, incarnate in oggetti adolescenziali, vengono scaraventate con forza in ogni angolo. 
Un palco che non ha angoli in verità, non ha confini: gli attori vengono fino a te, che te ne stai bel bello seduto a cercare di capire, a sbatterti in faccia la loro verità. E ti fissano dritto negli occhi, con enfasi, con uno sguardo che ti si conficca addosso come un pugnale; e tu non fai più caso ai loro membri e alle loro vagine all'aria, non ti accorgi del sudore che scorre sui loro muscoli, non senti la puzza della sigaretta che aspirano avidamente. Ogni scena ti ricorda la tua vita, ogni parola sei quasi certo di poterla ricollegare alla tua personale esperienza. Un padre lontano, una scopata fine a se stessa, un senso di rifiuto, un amore perso, un amore mai nato. E il pugnale continua a colpirti. 
Le musiche ti esplodono nella testa, il bombardamento inizia per davvero. Il momento di massima desolazione: un ragazzo storpia In assenza di te vestito da cigno, giungendo alle lacrime. La canta tutta, fino alla fine, mentre gli altri piangono. Tutti i posti sono occupati nel Teatro studio, ma ognuno in quel teatro è maledettamente solo. Si sperimenta il massimo stadio della solitudine, quella in cui si sente il freddo nelle ossa.
Ma improvvisamente tutto ricomincia, tutto torna a girare, come il valzer che gli attori ballano con un sorriso vuoto. Un valzer senza fine, in cui si muore e si risorge continuamente.
Non ci sono attori su quel palco, ci sono uomini e donne comuni, uguali a noi, con le loro storie e le loro illusioni. E ci si accorge che non recitano solo quando a fine spettacolo arriva l’ambulanza, per medicare due di loro feritisi durante l'azione. 
Ma cos’è qualche punto in confronto alla crudezza della vita? O della morte, fa lo stesso.

Grazie a ricci/forte.
Grazie a Giuseppe Sartori, Pierre Lucat, Andrea Pizzalis, Fabio Gomiero, Blanche Konrad, Piersten Leirom, Cinzia Brugnola, Michela Bruni, Barbara Caridi, Chiara Casali, Ramona Genna, Liliana Laera, Mattia Mele, Silvia Pietta, Claudia Salvatore, Simon Waldvogel.
Grazie al Piccolo di Milano.



Gaetano Moraca

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