mercoledì 25 settembre 2013

Boldrini, linguistica e Velini: analisi semiseria del sessismo in Italia

Nulla di nuovo se diciamo che l'Italia è un paese sessista e machista. Nulla di nuovo se diciamo che la donna che siamo abituati a vedere in Tv è o una brava donna di casa o una zoccola. Così com'è non è nuovo il fatto che le donne che primeggiano nella scena pubblica contemporanea siano o ex veline o igieniste dentali che si sono concentrate particolarmente sull'arcata inferiore.

Dalla rivolta delle donne capeggiata da Lisistrata a Berlusconi pare nulla sia cambiato in questo mondo. Poi se guardiamo un po' più in là della nostra pizza e degli spaghetti, vediamo che in altri stati le donne lavoratrici hanno incentivi se restano incinte, o che in alcuni paesi si possono sposare addirittura i gay, o che una donna singola può avere un figlio.

PARENTESI LINGUISTICA
In Italia le vicende amorose della Belen di turno e il campionato di calcio catalizzano le energie mentali degli italioti, popolo dalla morale incorruttibile. Popolo che ama vedere la donna al suo posto. Un paese in cui anche la lingua, l'idioma, potrebbe essere tacciata di sessismo. Avete mai sentito dire "Tira fuori la patata, fai la donna per una volta!". Oppure "Non lo farai mai, non hai la vagina!", o meglio "Chi porta la gonna qui?". Agli attributi maschili viene conferita una supremazia atavica, riconosciuta socialmente. Come se con gli spermatozoi e basta si potesse concepire. Le palle la spuntano sempre sull'organo di riproduzione femminile (Miley Cyrus non la penserebbe così!). "Non capisci un cazzo!", avete mai sentito dire "Non capisci una figa!". NO! Però questo non è importante mi si dirà. E' estremizzare.

Ok, proseguo. Esistono la giudicessa, l'avvocatessa, la notaia? Se lo dici ti guardano male, come se fossi un analfabeta di ritorno (un po' come sta facendo ora il mio correttore automatico, indisponendomi!). Alcuni mestieri e professioni non esistono al femminile e quando la Boldrini ha stabilito che la si dovesse chiamare MinistrA è stata un po' sberleffata. 

Facciamo un GIOCO. Trova le differenze: 
- un uomo di malaffare è un disonesto, un ladro; una donna di malaffare? Una puttana. 
- un omaccio? Un uomo grosso, grasso, alto. Una donnaccia? Una puttana.
- un cubista? Pittore che si rifà al cubismo. Una cubista? Una puttana.
- un peripatetico? Seguace delle filosofia di Aristotele. Una peripatetica? Una puttana.
- un massaggiatore? Colui che fa i massaggi come lavoro. Una massaggiatrice? Una puttana.
- un uomo disponibile? Tipo gentile, premuroso. Una donna disponibile? Una puttana.
- un segretario? Portaborse, colui che sbriga le pratiche. Una segretaria? Una puttana.

Per non parlare del plurale: in italiano si utilizza il maschile plurale per definire più cose o persone di genere maschile, e anche più cose o persone di genere misto. I colleghI di lavoro. E perché non lE colleghE per indicare la totalità delle persone con cui condividi la scrivania? I genitori, perché non le genitrici? Gli amici, perché non le amiche? Chi lo ha deciso. Mi direte voi, convenzione linguistica e sociale. Andiamo avanti.

Sono corrette le campagne pubblicitarie in cui l'uomo è sempre sul divano in panciolle a grattarsi il culo e la donna pulisce? Ha fatto benissimo la Boldrini oggi (e non sono un suo fan accanito, in generale) ad affermare che non è concepibile che nel nostro paese passino ancora spot in cui la donna serve a tavola (VIDEO). E' estremizzare? Io non credo. 

Visto che gli italioti sono malleabili come pezzi di stagno fuso basta che le tv comincino a fare un po' di sana comunicazione, eliminare soubrette inutili dai programmi, fighe a gògò dagli spot e dai cartelloni, come ha promesso oggi la presidente(ssa) della Rai Tarantola. E' curioso che si sia (ri)sollevata questa polemica nei giorni in cui hanno fatto il loro ingresso trionfale i Velini di Striscia. Io non li ho salutati con tante polemiche come hanno fatto molti: finalmente uomini seminudi che non servono a nulla.

Solo ristrutturando il nostro modello culturale attraverso un nuovo impiego dei media, il fenomeno del femminicidio potrà esaurirsi. Che non è un'emergenza, il fenomeno è sempre allo stesso livello di gravità: è solo che ora i media, sempre loro, non hanno altro di cui parlare.

Ecco alcune trovate pubblicitarie di gusto.




















Vi consiglio questo blog Un altro genere di comunicazione molto interessante!

4 commenti:

  1. Io penso che se in Italia non avessimo problemi di discriminazione, la questione linguistico-grammaticale non verrebbe neanche posta. In fondo, se so che vengo considerata al pari di un collega uomo, cosa mi importa di essere chiamata ministra o ministro? Per quanto mi riguarda, il termine indica in maniera neutra una professione, e non un genere. E' un po' come il problema delle quote rosa: se ci fosse una parità di considerazione, non ne avremmo bisogno. Anzi, il fatto stesso che in un'istituzione ci debba essere un determinato numero di donne lo trovo discriminatorio: non mi piacerebbe essere scelta per via del mio sesso e non per via delle mie capacità, solo perché devo far numero. Per le pubblicità mi trovo d'accordo solo in parte: il loro scopo, alla fine, è vendere, e non ci vedo nulla di male a vendere l'idea di una famiglia tradizionale felice. Certo, non vedo il problema di avere anche pubblicità che mostrano famiglie di separati, o di donne in carriera, o di coppie omosessuali. Detto ciò, sono orfana da quando ero piccola, e vedere immagini di padri che tornavano dal lavoro non mi ha mai turbato. Ma ci sono alcuni spot che proprio non dovrebbero esistere, come quelle che hai messo qui o quella (che è stata ritirata) dell'uomo che usava un prodotto per la pulizia della casa per pulire le tracce di sangue della donna che aveva appena ucciso. Vorrei però farti un appunto: una cubista è una donna che balla sul cubo, punto. Una massaggiatrice è una donna che fa masssaggi, punto. Il fatto che vengano considerate puttane a prescindere è inaccettabile. Paradossalmente, a loro avere la versione femminile della professione non è convenuto, perché si sono sommati a essa diversi preconcetti. Non è tanto un problema di lingua, dunque, ma di mentalità.

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    1. Carissima Mara, finalmente riesco a risponderti.
      Dunque è senza dubbio un problema di mentalità, l'ho detto più volte nel post.
      Ma se ci pensi è un po' come fare il gioco dell'uovo e della gallina, Chi è nato prima?
      Se la mentalità ormai, purtroppo, è quella, apparenti banalità come i distinguo linguistici, mestieri declinabili al femminile, portare avanti anche (o solo) il cognome della madre, non mettere più donne nude in tv ecc ecc....tutti questi - secondo me - sono segnali minimi, certo estremi, ma importanti e socialmente rilevanti. Tendono a plasmare quella mentalità così ancorata ad una consuetudine data per assoluta e mai messa in discussione.
      Così come, visto lo status quo, è fondamentale che ci sia un Ministero per le pari opportunità, visto che ancora pari non sono, così come le quote rosa (lo so è triste, ma è necessario).
      Nessuno ha deciso che la famiglia che la maggior parte dei clienti vuole vedere in uno spot sia quella tradizionale felice: anche i difensori di questa "tradizionalità" sanno che si tratta di una buffonata, perché intorno a loro ci sono tante famiglie e situazioni assai differenti, che meritano di essere rappresentate nel momento in cui il concetto che si fa passare è che quella famiglia felice è il "modello giusto".
      La questione della cubista e della massaggiatrice era un evidente gioco, a tristemente reale.

      Per il resto grazie del tuo prezioso contributo e del fatto che continui a leggermi!:-)

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  2. Ottime argomentazioni, mi hai davvero convinto. Oggi ho visto un cartellone pubblicitario con il fondoschiena di una ragazza tipo la Hunziker dei tempi d'oro con la scritta "Ti faremo un culo così" per pubblicizzare, se ho capito bene, una palestra, e ho pensato a te. Vogliamo poi parlare della nuova pubblicità dei fonzies?

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  3. No, ma diciamo che la mia fantasia ce la può fare a immaginarla, no?

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